Storie di pazienti e persone del Meyer

Giulia, il suo Meyer e quel diario che cresce

A Giulia un giorno è arrivato un pacco. Piccolo, rettangolare, con una bellissima lettera allegata. Mittente: uno zio molto saggio, che con parole delicate la esortava a lottare contro le cellule cattive che all’improvviso avevano attaccato il suo corpo.

“Che la forza sia con te”, scriveva in fondo quello zio lontano, invitandola a coltivare sempre le sue emozioni.
Dentro il pacco c’era un diario: elegante, tutto da scrivere.
Giulia ha preso in parola lo zio: si è fatta una grandissima forza, ha iniziato la sua lotta contro il tumore e ha annotato, su quel diario, ogni giorno di quel periodo.

Oggi, a sfogliarlo, quel diario è un piccolo capolavoro: un manuale di resilienza

Emozioni, appunto, disegni, fotografie, definizioni dettagliatissime della sua malattia e delle armi mediche per combatterla. 
Oggi, a sfogliarlo, quel diario è un piccolo capolavoro: un manuale di resilienza, un racconto di vita, un album  pieno di volti che sorridono sempre, con o senza capelli.
Racconta dei suoi mesi in ospedale, e di tutto quello che la ha aiutata ad affrontarli.

Come lo Shop Talk, un gioco del National Istitutes of Health/National Cancer Institute che le psicologhe del Meyer hanno riadattato ai loro pazienti. È stato creato per aiutare i pazienti a  tirare fuori emozioni e pensieri, giocando: “Mi è servito tantissimo, e mi ha insegnato che aiutare, dopo ‘amare’, è il verbo più bello del mondo. Era una distrazione: mi ricordo, ad esempio, che durante la chemioterapia mi aiutava a sentire meno gli odori di disinfettanti e medicinali che mi peggioravano la nausea”.

Racconta dei mesi in ospedale e di tutto quello che la ha aiutata ad affrontarli: come lo lo Shop Talk, gioco che le psicologhe del Meyer hanno riadattato ai loro pazienti

Tra le pagine di quel diario ci sono foto e disegni dei “suoi medici”, dei clown, dei musicisti: “Ho avuto la fortuna di incontrare uno staff medico, infermieristico e di supporto psicologico ed emotivo meraviglioso, che è riuscito, nonostante tutto, a farmi stare meglio”, scrive Giulia dentro a due grandi cuori disegnati.

“Spero che un giorno questo diario possa aiutare altri bambini che si trovano ad affrontare la malattia – racconta - Mi piacerebbe restituire quello che questa esperienza mi ha lasciato: durante la malattia leggere le storie di altri pazienti mi aiutava a sentirmi parte di una comunità, meno sola. Mi piacerebbe poter rassicurare allo stesso modo chi leggerà quello che ho scritto”.

Mi piacerebbe restituire quello che questa esperienza mi ha lasciato

Per questo adesso Giulia sta rielaborando il suo diario insieme a Laura, la psicologa che la ha seguita durante il periodo al Meyer: “Vorrei renderlo completo, rileggendo gli eventi a posteriori, per vedere come è cambiata la mia visione adesso che quel momento è superato e lasciare agli altri bambini e ragazzi che lo vorranno usare un documento completo” .

La cosa più importante è che Giulia, adesso, sta bene. Ha 19 anni, studia psicologia (“Al Meyer ho incontrato psicologhe che mi hanno aiutata tantissimo e senz’altro questo ha influito nella scelta!”), è tornata a nuotare. Ogni 12 agosto festeggia il ricordo di quel giorno, di due anni fa, quando la risonanza ha confermato che sì: la malattia se ne era andata.

Spero che un giorno questo diario possa aiutare altri bambini che si trovano ad affrontare la malattia

Il Meyer è anche questo: una rete di esperienze condivise, bambini e ragazzi che organizzano le loro risorse per superare i momenti duri e con grande spontaneità si scambiano i traguardi raggiunti.