Storie di pazienti e persone del Meyer

Joel, da Haiti al Meyer... per una vita nuova

Figuratevi che adesso gioca a basket. E non così per dire: si allena tre volte a settimana, batte un sacco di cinque e si prende anche gli urli dell’allenatore. Ma la storia di Joel, undici anni fa, ad Haiti, è cominciata in tutt’altro modo.

In una capanna di fango del sud del Paese e con una situazione medica estremamente complessa: Joel è affetto da spina bifida occulta, e da alcune patologie ulteriori, una su tutte la sirenomelia, che lo obbligavano a una posizione dolorosa e gli rendevano impossibile qualsiasi forma di autonomia.
Per fortuna, un gran bel giorno, sul suo cammino è arrivato Maurizio Boganelli, coordinatore della onlus “Una scuola per Haiti” che non ci ha messo troppo a capire che il modo migliore per assistere Joel era portarlo con sé a Firenze, al Meyer.

Una malformazione rara, eccezionale che ha avuto bisogno di sette operazioni

Inizia la storia al Meyer. Così inizia il suo percorso di cura: l’obiettivo primario era quello di distendere e separare le sue gambe, per fare in modo che Joel potesse assumere una posizione meno dolorosa. Stare seduto, muoversi  sulla sedia a rotelle, riposare sdraiato senza sentire male e senza lo strazio delle piaghe da decubito. Joel è stato sottoposto ad un primo intervento alla gamba destra a e poi ad un secondo sulla sinistra, qualche mese dopo. In tutto le operazioni sono state sette: “Si è trattato di un caso davvero molto complesso - spiega Flavio Giordano, uno dei dottori della Neurochirurgia del Meyer che insieme al dottor Lorenzo Genitori ha seguito Joel – Joel ha una malformazione rara, eccezionale, e per questo è stato fondamentale intervenire con un approccio multidisciplinare coordinato dal Meyer”.

Al suo fianco un’equipe medica multidiscplinare

Una rete di dottori. I dottori del pediatrico hanno coordinato le cure del piccolo, e al suo fianco ha iniziato a lavorare un’equipe medica fatta di tante anime: dai medici della Neurochirurgia, da quelli della Nefrologia e dell’Urologia, dal chirurgo Marco Innocenti del Cto di Firenze che ha condotto tutti gli interventi chirurgici cui Joel è stato sottoposto e dagli operatori del Centro di salute globale che hanno curato gli aspetti di cooperazione internazionale. Una rete di professionalità che hanno restituito a Joel quella vita che ad Haiti era cominciata malissimo, senza neppure poter stare seduto senza piangere di dolore.

Torniamo al Meyer ogni 6 mesi, ma della patologia iniziale non rimane niente

E adesso? Una mattina di poche settimane fa, Joel è venuto al Meyer per delle visite e ci ha mostrato di persona come va la vita. È cresciutissimo, padroneggia la sua sedia a rotelle per spostarsi e elenca timido i nomi dei suoi compagni di basket se gli domandi come si chiamino i suoi migliori amici.
Spalanca gli occhi davanti alla macchina fotografica, sorride un po’ imbarazzato: “Adesso va a scuola, in terza elementare, e il punto di svolta psicologico è arrivato con lo sport: giocare nella squadra di basket in carrozzina, le Volpi Rosse,  gli ha dato grande senso di appartenenza, si sente uno di loro, non una mascotte – spiega Maurizio, che a breve diventerà ufficialmente il suo babbo, con la conclusione delle procedure di adozione –  Torniamo al Meyer ogni sei mesi per i controlli, ma il quadro clinico iniziale è profondamente migliorato: certo, Joel si sposta con la sedia a rotelle, ma adesso è autonomo in tutto e per tutto”.

Adesso va a scuola  e lo sport è stato un punto di svolta

Il Meyer sta crescendo per fare in modo che i “lieto fine” come quelli di Joel siano sempre di più: puoi sostenerci anche tu donando qui.