Storie di pazienti e persone del Meyer

Maria Teresa, mamma e volontaria per il Meyer

Gli occhi di Maria Teresa sono molto grandi e molto profondi. Sono di quelli a specchio, di quelli che lasciano spiare l’anima, e dentro quell’anima si vede il solco di una ferita.

Gli occhi di Maria Teresa sono molto grandi e molto profondi. Sono di quelli a specchio, di quelli che lasciano spiare l’anima, e dentro quell’anima si vede il solco di una ferita.
Suo figlio Ivano è mancato 9 anni fa, dopo aver convissuto per otto con un tumore cerebrale che alla fine lo ha portato via. È stato a lungo curato al Meyer, seguito dal team di neurochirurghi guidato dal dottor Lorenzo Genitori, che con il dottor Federico Mussa e Flavio Giordano lo ha operato più volte.

L’umanità e la passione dei medici sono i ricordi felici di quel periodo

“I nostri angeli”, li chiama mamma Maria Teresa. Quegli stessi angeli, per un cerchio della vita che in apparenza non risponde a nessuna domanda, poco dopo hanno operato anche lei. Salvandola, liberandola da un cavernoma, un tumore benigno del cervello.
Quando si è svegliata dopo l’intervento, accanto a lei ha trovato il dottor Mussa. “Si era trattenuto, in modo silenzioso e discreto, aveva aspettato che mi svegliassi, per esserci in un momento difficile. Allora abbiamo a lungo parlato di Ivano”.

Amore, passione, massimo rispetto nei confronti dei familiari e del paziente: siamo stati fortunati

Il dolore per la perdita di un figlio è una cava di marmo che frana, capace di schiacciare chi rimane. Maria Teresa è riuscita, piano piano, a tirarsi fuori. Ha iniziato a digerire quel male, e quando è stata pronta è tornata al Meyer: questa volta come volontaria, a fianco di altre famiglie travolte da quella frana.
E lo ha fatto anche lì, in Neurochirurgia, nel reparto dove per così tanto tempo è stata accanto al suo Ivano. “Mi sono avvicinata per gradi, ma nel tornare al Meyer in quella nuova veste mi sono sentita a casa, come se fosse un’evoluzione naturale della storia cominciata con Ivano. Certo, ci sono stati momenti emotivamente di difficile digestione: poi però li mastichi e li fai andare giù. Fare il volontario significa riuscire a ricordarsi che, oltre, c’è altro”.

Oggi Maria Teresa fa la volontaria: e a volte ‘i suoi angeli’ la chiamano per portare conforto ad altri genitori

Oggi Maria Teresa è passata dall’aiuto “sul campo”, in corsia, a quello gestionale, all’interno di Noi per Voi, una delle associazioni attive al Meyer.
Non si dimentica di quella volta in cui, durante un mercatino di raccolta fondi, si è vista arrivare incontro il dottor Genitori. “Mi colpì un fatto: si è avvicinato e mi ha salutata con due baci sulle guance. Come si fa con gli amici: non c’era quella distanza che spesso si crea con i medici. Ecco: l’umanità, l’amore per il loro lavoro e il rispetto per i pazienti e per noi familiari sono aspetti felici di quel periodo”.

Mi colpì un fatto: mi ha salutata come si fa con gli amici

Succede, adesso, che Maria Teresa torni al Meyer, chiamata da qualcuno “dei suoi angeli” per portare conforto ad altri genitori, per scambiare parole che possano in qualche modo far da riparo contro quelle schegge di dolore che piovono quando si ammala un figlio. E quando Ivano è mancato, come atto di amore estremo, lei è il marito hanno scelto di donare gli organi.
Nella sua storia esemplare - piena di dolore e poi di forza, gratitudine e restituzione - sta il senso profondo della parola “aiuto”. È anche grazie a persone come lei che il Meyer, giorno dopo giorno, si fa grande.