Storie di pazienti e persone del Meyer

Pamela e quella briciola che oggi pesa un po’ meno

Pamela ha 31 anni ed è paziente del Meyer da quando ne aveva 4. La sua malattia l'ha obbligata a lunghi ricoveri e il Meyer è diventato una seconda casa. Qualche tempo fa, quando Pamela ha presentato il suo libro, ha trovato medici e infermieri accorsi in massa per festeggiarla.

Quanto pesa una briciola? Pamela se lo è chiesto diverse volte. E alla fine ha deciso che quello sarebbe diventato il titolo del suo libro. Pamela ha 31 anni ed è paziente del Meyer da quando ne aveva 4. È qui che tanti anni fa le è stata diagnosticata la Malattia di Pompe, un disordine metabolico a causa del quale l’organismo non riesce a smaltire il glicogeno, la riserva energetica dei muscoli, che si accumula danneggiando il cuore, i muscoli di gambe e braccia e quelli della respirazione.

Pamela ha scritto un libro sulla sua storia, “Il Peso di una Briciola”

Tutto questo per lei, soprattutto prima della diagnosi, ha significato una debolezza muscolare perenne e lunghi ricoveri. Uno molto impegnativo, in Rianimazione, durato oltre 4 mesi: “Per me il Meyer è diventato una seconda casa e la dottoressa Donati, che mi segue ancora oggi, è un po’ una ‘mamma bis’”.

Oggi, complici i progressi della ricerca, grazie a una terapia infusionale Pamela riesce a controllare bene la progressione della malattia: “Sono riuscita a studiare, e ho frequentato prima il liceo scientifico, poi l’università e anche un master sui disturbi dell’apprendimento”.

Fatto tutto questo, si è impegnata in un’altra missione e ha scritto il suo “Il peso di una briciola” (Mauro Pagliai editore): “È un diario, un autobiografia che racconta la mia vita dalla nascita, con tutti gli ostacoli legati alla malattia, ma anche gli entusiasmi e la determinazione per affrontarla”. Come mai questo titolo? “I primi sintomi della mia malattia sono stati motori: bastava un niente per farmi cadere, un soffio - una briciola appunto - per farmi ammalare. Questo mi ha fatto riflettere sul peso di una briciola e così è diventato il titolo del mio libro”.

Quando l'ha presentato in libreria, ha trovato ad aspettarla “mezzo Meyer”

Quando l'ha presentato per la prima volta in libreria, ha trovato ad aspettarla “mezzo Meyer”: “La sala era piena di tutti gli amici medici e infermieri e mi sono sentita subito a casa: vederli lì mi ha rasserenata e poi la presentazione è andata benissimo!”, racconta.

Oggi Pamela deve tornare al Meyer per i controlli periodici e ogni 2 settimane per fare l' infusione dell'enzima che a lei geneticamente manca. Ogni seduta terapeutica dura anche 4 ore: sono tante, lei deve stare ferma e aspettare. Ma ha il sorriso disteso dall’abitudine e un entusiasmo che sembra cacciar via ombre, noia, preoccupazioni, paure. Scherza con la “sua” dottoressa, snocciola i nomi di medici ed infermieri che al Meyer l'hanno vista crescere. È anche merito di tutti loro se, oggi, quella briciola pesa un po’ di meno e Pamela ha quel sorriso effervescente. Pamela è contenta che la medicina e la ricerca vadano avanti e che oggi in Toscana, prima regione in Italia, si effettui lo screening neonatale per malattia di Pompe: oggi al Meyer è possibile la diagnosi fin dai primi giorni di vita, con la possibilità di iniziare subito la terapia.

Oggi, grazie ai progressi della ricerca, Pamela riesce a controllare bene la malattia

Con Meyerpiù, il programma triennale di sviluppo del Meyer, l’ospedale apre nuovi spazi per la ricerca e l’assistenza, anche per migliorare sempre più la qualità di vita di chi, come Pamela, convive con malattie rare e debilitanti e ogni giorno le affronta con forza.