Storie di pazienti e persone del Meyer

Beatrice e il suo Meyer disegnato

Della paziente che fu, in Beatrice, resta poca traccia: oggi è una giovane adulta dal grande sorriso.

"Grazie per tutto ciò che avete fatto per me quando avevo 8 anni e mezzo. Adesso ne ho quasi  26 e studio ingegneria. Ero piccola e siete stati in grado di ridarmi la forza, l'energia e la voglia di vivere. Sono una ragazza che disegna molto. Mi piacerebbe un giorno poter venire e lasciare un po’ di disegni per i bambini. Questo l'ho fatto per voi: potete anche pubblicarlo, appenderlo, farne ciò che volete. Grazie mille di tutto."

Un bel giorno alla nostra redazione è arrivato questo, firmato Beatrice. E allora abbiamo voluto incontrarla, quest’artista che con tocchi gentili di pennarello ad acqua ha dipinto la facciata del Meyer.  

Della paziente che fu, in Beatrice, resta poca traccia: oggi è una giovane adulta dal grande sorriso.
Sa tutto del Meyer,  è informatissima: sa che dentro si porta avanti la pet therapy, sa che l’ospedale sta crescendo ancora e che presto si amplierà, sa che in corsia ci sono anche i clown.
I nomi dei medici e degli infermieri che quasi vent’anni fa la hanno curata si sono persi nel suo tempo di bambina, ma di quell’esperienza porta un ricordo ben scolpito. Dentro quella memoria, c’era lei con un grande malessere, arrivata all’’ospedalino’ Meyer di via Luca Giordano. E c’era anche quella stanzetta che la aveva fatta sentire a casa: “Stavo male da qualche settimana e non si riusciva a venirne a capo – racconta – Arrivare al Meyer fu come rinascere:  scoprirono che avevo una brutta infezione, la curarono e tutto nel giro di una settimana si rimise a posto”.  Era l’inizio dell’anno, del  2000. E in quel periodo, da sempre, al Meyer si fa festa, per provare a restituire un po’ di atmosfera natalizia anche ai bambini che devono trascorrere quei giorni speciali dentro l’ospedale.

Ero piccola e siete stati in grado di ridarmi la forza, l'energia e la voglia di vivere

Arrivano i Babbi Natali a portare doni nei reparti, arriva la Befana: “Mi ricordo una ‘vecchietta’ che mi bussò, entrò nella stanza e mi regalò una Barbie – sorride Beatrice - La mia preoccupazione era quella di riuscire ad aprirla, con il braccio bloccato dalla flebo”.  Andò tutto bene, i giorni del ricovero passarono veloci, e poi ancora quelli della convalescenza a casa. “Protetta: mi sono subito sentita protetta – ricorda - e anche i miei genitori si tranquillizzarono immediatamente”.

Un po’ di pazienza, e poi guarita, passato tutto: quel medico che le aveva spiegato che avrebbe “buttato una rete per vedere cosa pescavano”, per venire a capo di quell’infezione, evidentemente aveva pescato giusto. Oggi Beatrice sta per finire gli studi in Ingegneria e ha come hobby, appunto, quello del disegno: ecco perché ha impresso il suo Meyer dell’anima  su un foglio e ce lo ha fatto avere.

Mi sono subito sentita protetta, e anche i miei genitori si sono subito tranquillizzati

Il Meyer è anche questo: il ricordo a conti fatti sereno di tanti bambini, e la loro gratitudine  per  quel luogo che li ha fatti star meglio.

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