Family Center Anna Meyer
Inviato da meyerpiuadmin il Mar, 12/13/2016 - 11:05
Oggi sta bene, ha lo sguardo sereno proiettato in avanti e una grande consapevolezza cresciuta insieme a lei dopo la malattia. Ricorda con precisione matematica la data di ognuno dei suoi ricoveri e quella della diagnosi.
Era luglio e faceva caldo quando i medici del Meyer dettero il nome di “linfoma di Hodgkin” al suo star male.
“Nel pomeriggio feci la biopsia e la sera mi risvegliai in oncoematologia”, ricorda. “Ero incredula, era come se non volessi capire”.
Michelle ha 8 anni, fa la terza elementare e ha ricevuto la diagnosi di diabete al Meyer tre mesi fa. È una bambina spumeggiante, ha occhi sorridenti che annunciano, in un lampo, la carica che si porta dentro.
La notizia del diabete (di tipo 1, tipico dell’età giovanile) è arrivata all’improvviso, senza sintomi, grazie ad un’intuizione della mamma che ha insistito per farle degli esami del sangue.
Mittente: un gruppo di adolescenti, tutti studenti di un liceo, che stanno approfondendo lo studio della lingua e della cultura italiana riuniti in un club.
Questi ragazzi hanno sentito parlare del Meyer e hanno manifestato il desiderio di mettersi in contatto con i bambini ricoverati, per trasmettere il loro messaggio di vicinanza.
Detto, fatto. Guidati da Jamila, che ha 19 anni e che essendo italo americana ha un'ottima dimestichezza con la nostra lingua, si sono messi al lavoro.
Conosce i medici, conosce le infermiere, conosce termini specialistici che normalmente non trovano posto nel vocabolario di un adolescente. E conosce il dolore di sapere che una sorellina è ricoverata, un’altra volta, e il disagio di sentirsi impotente senza poterla aiutare.
Clelia in questi giorni sta facendo una regata dopo l’altra con un' importante squadra agonistica di vela. Questo ci dice subito come sta: bene, adesso. Non deve neppure ritornare al Meyer per i controlli. Eppure non è lontano il tempo in cui è arrivata nell’ospedale pediatrico con una paresi alla parte destra del corpo.
Si sono conosciuti durante le chemioterapie. Miriam e Filippo, 15 anni per uno, sono due pazienti del Meyer che oggi hanno finito il loro percorso di cura e sono tornati alla vita di tutti i giorni. Legati da una grande amicizia:
Ci siamo conosciuti al Meyer di Firenze nel reparto di Oncoematologia. Un luogo che ci ha insegnato a prendere la vita con leggerezza.
A Rebecca, quando aveva 22 mesi, è stata diagnosticata la leucemia. Oggi sta molto meglio e sta proseguendo il suo percorso di cura, ma i giorni difficili dei ricoveri e dei cicli di chemioterapia sono ancora un ricordo vicino.
Una “pallina”: così la hanno chiamata, da subito, i suoi genitori, e contro quella Simone ha combattuto per quasi un anno, prima di tornare alla vita normale.
“Io che ero abituato a correre, saltare, giocare, non fermarmi davanti a niente, ora mi trovavo chiuso in un ospedale senza le mie cose. I miei genitori mi dicevano che dovevo iniziare delle terapie che mi avrebbero fatto sentire male, la pallina doveva essere distrutta”, scrive.
Il Meyer diventa più grande.